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Articolo 9 della Costituzione

Progetto e
Concorso nazionale

Articolo 9
della Costituzione

Cittadinanza attiva per
superare la crisi
attraverso la cultura e il
patrimonio storico artistico

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MATERIALE DI APPROFONDIMENTO

Premiazione e giornata conclusiva

05.06.2015



Saluto introduttivo alla Cerimonia di premiazione del concorso 'Articolo 9 della Costituzione. Cittadinanza attiva per superare la crisi attraverso la cultura e il patrimonio storico e artistico' - Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari

Buongiorno a tutte e a tutti voi e benvenuti alla Camera dei deputati per la manifestazione finale del Progetto e Concorso nazionale "Articolo 9 della Costituzione. La Cittadinanza attiva per superare la crisi attraverso la cultura e il patrimonio storico e artistico". Non potrei essere più d'accordo con il titolo, perché ritengo che questa sia la chiave di svolta. Saluto, insieme alle studentesse e agli studenti, le docenti ed i docenti oggi intervenuti, che ringrazio per la passione e la dedizione con la quale svolgono ogni giorno il loro lavoro. So che non è sempre semplice, ma penso che davvero le istituzioni vi debbano ringraziare in modo sincero e convinto per quello che fate per i nostri figli. Saluto, inoltre, i rappresentanti dei Ministeri dell'Istruzione e dei Beni culturali e il Direttore della Fondazione Benetton, Studi e Ricerche, dott. Marco Tamaro.

È per me un grande piacere poter accogliere qui a Montecitorio così tante ragazze e ragazzi provenienti da diverse scuole e parti d'Italia.

Vi preannuncio che mi dovrò purtroppo assentare dopo il mio intervento per concomitanti impegni istituzionali, ma ci tenevo particolarmente a darvi personalmente il benvenuto qui alla Camera.

Quella di oggi è una manifestazione centrale nel quadro delle tante iniziative organizzate dalla Camera dei deputati per le scuole. Pensate che, dall'inizio della legislatura, abbiamo accolto più di 150.000 ragazze e ragazzi delle scuole, sia primarie che secondarie. Sempre di più stiamo cercando di mettere al centro della formazione il percorso istituzionale. In un tempo in cui c'è tanta disaffezione, tanto disamore - purtroppo l'Italia è tra i Paesi che hanno meno fiducia nelle proprie istituzioni e nella propria classe politica - è importante far capire fin da subito ai giovani perché le istituzioni siano importanti, perché un Paese che non creda in esse non abbia futuro. Bisogna fare un lavoro che ha una doppia direzione. Le istituzioni devono rendersi amabili, rispettabili, attraverso un'azione di riforme, di cambiamento, di sobrietà. Ma al tempo stesso questo sforzo deve essere loro riconosciuto, anche se non fa notizia. Vedete, ragazzi, le brutte notizie sono sempre in prima pagina, mentre l'impegno per cambiare viene preso in considerazione in modo riduttivo. Questo contatto diretto con voi è un'occasione in cui poter parlare di quello che facciamo per cambiare: perché, se voi sapete questo, potete vederci con occhi diversi. E noi abbiamo bisogno di quegli occhi, di quella spinta, di quella motivazione.

Vi invito, ragazzi e ragazze, a venirci a trovare anche con le vostre famiglie: abbiamo aperto il palazzo, una domenica al mese Montecitorio è "a porte aperte". Per attirare cittadini e cittadine facciamo eventi culturali, proprio perché siamo dello stesso avviso, che si debba ricominciare dalla cultura: facciamo mostre fotografiche, piece teatrali, film, musica. Quando i cittadini entrano, talvolta hanno un atteggiamento un po' critico, lo avverto. Ma al termine la loro disposizione cambia. Hanno sentito spiegare come funzioni il processo legislativo, perché il Parlamento è importante, perché è il cuore della democrazia. Non dimenticate, ragazzi, che durante il regime fascista gli Italiani non potevano eleggere i loro rappresentanti: quel "Parlamento" di allora adottò le leggi razziali all'unanimità. Questo patrimonio oggi dobbiamo curarlo, tutelarlo, renderlo migliore, certo. Ma non dobbiamo mai pensare di distruggerlo, perché senza Parlamento non c'è democrazia. E quando si lanciano certi slogan, certe provocazioni, a volte si fa tanto male alla società, e ciò è inaccettabile.

La manifestazione di oggi segna la fine di un percorso - che quest'anno ha visto la partecipazione di oltre 700 classi e 16.000 studenti italiani e delle scuole italiane all'estero. Su quest'ultimo punto apro una parentesi: vengo da un viaggio istituzionale in tre Paesi dell'America Latina - Argentina, Cile e Brasile - che ritengo molto vicini a noi. Voi sapete che gli Italiani in passato sono stati emigranti. Solo in Brasile si stima che siano oggi 30 milioni i cittadini di origine italiana. Milioni emigrarono anche in Argentina, in Cile. Eravamo molto poveri. Gli Europei erano molto poveri. Ci sono musei, in questi Paesi, che fanno vedere in quali condizioni arrivassero con le navi i nostri connazionali. Bambini scalzi, laceri. Qui non c'era nulla, e allora si andava lontano, "alla fine del mondo", come disse Papa Francesco, che viene dall'Argentina. Italiani, Francesi, Tedeschi cercavano lavoro, e le grandi aziende brasiliane mandavano loro rappresentanti a scegliere. E venivano scelte le famiglie che avevano più figli, perché a 12 anni si iniziava a lavorare nei campi. Questi eravamo noi, e dobbiamo essere orgogliosi di questo passato, andare a testa alta. Con il sudore, con la sofferenza ce l'abbiamo fatta, abbiamo contribuito allo sviluppo di queste nazioni, che oggi sono grandi Paesi anche grazie alla nostra fatica. Lì ha funzionato quell'"ascensore sociale" che da noi vediamo in azione purtroppo più raramente. Cosa vuol dire "ascensore sociale"? Vuol dire che quei figli di migranti, che erano gli ultimi nella scala sociale, oggi sono anche nelle istituzioni di quei Paesi. Il Parlamento brasiliano ha 200 deputati di origine italiana. Dobbiamo capire che la migrazione fa parte dello sviluppo umano, esiste da quando esiste l'uomo; come esiste la guerra, il conflitto, lo scontro. Così come esistono i civili che in tempo di guerra chiedono asilo, libertà dalle persecuzioni e dalla violenza, rifugio. Questo ci deve esser molto chiaro, specie di questi tempi. Sono concetti centrali anche per la nostra coesione sociale.

Voi avete detto che per uscire dall'attuale situazione di crisi, che ha prodotto tanti danni, bisogna puntare sulla cultura, sui beni artistici, sul nostro patrimonio, che abbiamo solo noi, che nessuno ci può copiare. Sarebbe miope non capirlo. Voi avete fatto bene a ribadire un concetto: che spendere nella cultura non è uno spreco, ma un investimento a resa sicura. Perché la cultura è senso critico, capacità di interpretare, non solo nozioni. Chi sa, chi legge, ha strumenti per cogliere quello che accade nel nostro mondo. Per questo è importante la scuola, ed il lavoro di quegli insegnanti che cercano di tirar fuori il meglio dei ragazzi, e così segnano positivamente il futuro dei loro studenti.

Avete fatto un percorso, ma il vostro impegno non deve finire qui. E' solo l'inizio. Vi siete avviati ad un percorso di cittadinanza attiva. Vuol dire non solo che si va a votare quando ci sono le elezioni - voi lo farete tra qualche anno - ma anche partecipare. Essere buoni cittadini vuol dire partecipare: alla vita della scuola, capirne le scelte, dire la propria, rappresentare gli altri ragazzi e ragazze. Partecipare vuol dire essere attore e attrice di quello che accade, mettere in atto un cambiamento col proprio operato, ogni giorno. Non delegate ad altri. Se ognuno di noi mettesse in atto il cambiamento che vorrebbe vedere, il cambiamento ci sarebbe. Partecipazione vuol dire seguire quello che succede nel proprio quartiere, condizionare le decisioni della propria città. Partecipare vuol dire fare politica. La politica, quando è fatta bene, è la cosa più nobile che si possa fare: vuol dire dedicare tempo ed energie al proprio Paese. La politica è troppo importante per delegarla ad altri: entra comunque nelle nostre vite, perché le scelte che si fanno in politica incidono su di noi. Perciò chi ama il proprio Paese ed ha a cuore il bene comune deve fare politica. Altrimenti saranno altri a farla, e non con gli stessi obiettivi. Ve lo dice una persona che non è un politico di professione. Ho lavorato 25 anni nelle agenzie delle Nazioni Unite, curando gli interessi delle persone più diseredate. Mi piace pensare che questa Camera mi abbia scelto come Presidente per i valori che rappresento: inclusione sociale, rispetto delle differenze, pari dignità delle religioni, convivenza pacifica nella conoscenza reciproca. C'è un momento nella vita in cui bisogna restituire al proprio Paese. Quando mi hanno chiesto di impegnarmi in politica, ho pensato che fosse giusto fare la mia parte. Oggi vi dico: cercate di combinare la vostra passione con qualcosa di utile. Più mettiamo a disposizione le nostre energie, maggiore è la possibilità di veder marciare le cose, di vedere il cambiamento che tanto vorremmo. Vi esorto perciò a proseguire il vostro percorso con lo stesso spirito, con lo stesso entusiasmo con cui vi siete occupati di questo progetto. Portate avanti il vostro impegno verso il nostro Paese, verso la cosa pubblica, che è pubblica ma è di ciascuno di noi.


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